Vi segnaliamo l’interessante sentenza del Consiglio di Stato (sezione sesta, n. 2099 dell’8 maggio 2017) che affronta il tema dei limiti dell’obbligo giuridico di provvedere in capo alla PA.

Tutti sanno infatti che la L. n. 241 del 1990 ha imposto alla PA l’obbligo di concludere i procedimenti amministrativi. Ma basta l’istanza dell’interessato a “costruire” un procedimento amministrativo e a fare scattare in capo all’Amministrazione l’obbligo di concluderlo?

La sentenza segnalata afferma in sostanza che l’obbligo esiste dove la legge lo abbia previamente previsto: “l’obbligo della pubblica amministrazione di provvedere sull’istanza di un privato non è stabilito in via generale, ma va ravvisato solo quando si possa desumere da una norma di legge puntuale, ovvero anche da una norma di principio, che sia però, all’evidenza, chiaramente interpretabile in tal senso (dunque non ogni istanza diretta alla P.A. genera un obbligo di provvedere)”. Aggiunge così il Consiglio di Stato: “la regola è espressione dello stesso principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. poiché un obbligo generale come quello che si esclude costringerebbe, in ultima analisi, l’amministrazione ad un impegno sproporzionato di risorse di fronte a qualsivoglia istanza, per assurdo anche manifestamente infondata o soltanto emulativa”.

Nella esperienza pratica delle scuole, è frequente che istanze del privato chiedano l’annullamento di atti adottati dalla scuola e sollecitino il ricorso all’autotutela.

Per comprendere meglio il fenomeno e soprattutto “fotografare” cosa sia meglio fare o non fare, vi invitiamo a fruire del VIDEO
“Lo strumento dell’autotutela: cosa devono sapere le scuole”.


Pubblicata il 29 maggio 2017

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